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domenica 10 aprile 2016

Quelle vigne cedute da Alessandria alle Langhe

Venduti centinaia di ettari, soprattutto nell’Ovadese, anche a Veneto e Lombardia


Alessandria 
 
Alessandria perde vigneti, un’emorragia così consistente da farle conquistare il triste primato, in Piemonte, di provincia che più si è impoverita: 738 ettari sono stati trasferiti, dopo l’entrata in vigore, il 1° gennaio, del decreto sul nuovo sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli. È una quantità enorme, che equivale a circa 1060 campi da calcio. Di questi, 400 sono finiti fuori dalla regione, in particolare in Lombardia e in Veneto dove verranno riconvertiti in prosecco, 338 sono rimasti invece all’interno del Piemonte e se li sono «aggiudicati» le Langhe, una delle aree più vocate per il vino e più organizzata e «forte», grazie a una situazione ormai da anni favorevole.
 
In provincia chi ci ha perso di più è l’Ovadese: qui la fuga dei diritti di reimpianto è stata davvero ingente, meno evidente invece nel Gaviese e nella zona di Acqui Terme, i due territori che hanno resistito di più. In pratica, con il nuovo sistema la compra-vendita dei diritti (per poter impiantare vigneti servono le autorizzazioni) è stata bloccata. Lo resterà fino al 2030. È uno strumento voluto dall’Europa per mantenere in equilibrio domanda e offerta.

Ma la maggior parte dei produttori alessandrini ha preferito venderli i diritti, piuttosto che acquistarli. Perché? Lo spiega bene Italo Danielli, presidente del Consorzio di tutela e promozione dell’Ovada Docg e vicepresidente provinciale Cia: «Il primo motivo è la mancanza di reddito soprattutto per chi vende uve, poi c’è la difficoltà a difendersi dai danni provocati dagli ungulati, e infine una terza ragione è da attribuire allo scarso ricambio generazionale».

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